Dal
Convegno su "Agronomi protagonisti: Giulio Leone" tenuto a
Roma
il
28 febbraio 2011 presso La Federazione Italiana Dottori in Agraria e Forestali
In
memoria di Giulio Leone.
Franco
Ravelli : Ricordi dal Programma di Sperimentazione Irrigua della Cassa per il
Mezzogiorno.
Gli
interventi in commemorazione di Giulio Leone che ho appena ascoltato ed altri
che avevo già avuto occasione di leggere sulla stampa e in internet, così
ricchi di ricordi e di parole di incondizionato apprezzamento per una persona
di grandi qualità umane e professionali, mi avvertono del serio rischio di
ripetere quanto detto da chi mi ha preceduto. Considerati anche i pochi minuti
a disposizione, ritengo possa comunque risultare di un certo interesse il
racconto di due incontri con Lui, dai quali uscii con il convincimento,
confermato nel successivo lungo rapporto di lavoro, che si trattasse di una
personalità più attratta dalle certezze del fare, piuttosto che dai rischi del
teorizzare.
Il primo incontro, del
tutto casuale, risale a qualche tempo prima dell'arrivo di Leone alla Cassa del
Mezzogiorno dove, da alcuni anni, mi occupavo, presso il Servizio Bonifiche, della
istruttoria agronomica dei progetti di impianti pubblici di distribuzione
irrigua. Era il 1961, mezzo secolo fa, ma il ricordo è tuttora vivo: percorrevo
uno dei lunghi, monumentali corridoi della sede della Cassa all'EUR in Roma
quando, attraverso la porta spalancata dell'ufficio di Innocenzo Fiore, intravidi
la figura di Tommaso Del Pelo Pardi, figlio di Giulio, inventore dell'omonimo metodo
di sistemazione idraulica del terreno. Avevo conosciuto Tommaso ad un corso
sulla tecnica della bonifica da lui tenuto presso la allora Stazione
Sperimentale di Chimica Agraria di Roma dove, appena laureato, stavo facendo
praticantato di laboratorio con Luigi Marimpietri ed Enrico Romano. Entrai
così nella stanza per uno scambio di saluti. Il fatto era che il rapporto tra
me e Tommaso Del Pelo Pardi si era raffreddato dopo che, una volta entrato a
far parte del nucleo di agronomi costituenti il gruppo di studio di Archeologia
Agraria fondato dal padre Giulio, avevo espresso seri dubbi sulla interpretazione,
da questi e dalla archeologia ufficiale sostenuta, dei cunicoli laziali come
grande opera di bonifica idraulico-agraria realizzata dagli etruschi e non,
come da me ritenuto, di una più semplice opera di captazione sorgentizia ai
fini potabili, come era ed è ancora oggi il caso di analoghe opere scavate nei
territori di medio-bassa latitudine di tutto il mondo caratterizzati da
condizioni geo-idrologiche in qualche modo paragonabili a quelle dell'Etruria. Non
ci volle molto perché tra me e Tommaso Del Pelo Pardi, sotto il malizioso
incitamento di Fiore, si riaccendesse la polemica sulla funzione dei cunicoli.
La discussione aveva assunto
toni piuttosto vivaci quando entrò nell'ufficio Giulio Leone, che non conoscevo
personalmente, il quale aveva evidentemente appuntamento con Fiore e Del Pelo
Pardi. Leone mi guardò come per chiedere una presentazione cui provvide Fiore:
"Ravelli; si occupa da noi della istruttoria agronomica dei progetti di
irrigazione consortile; … non crede che i cunicoli etruschi siano una antica opera
di bonifica". Del Pelo Pardi, abile affabulatore, aveva ripreso la sua
arringa, con Leone defilato sul bordo della stanza, taciturno ma attento, così
almeno mi sembrò, pronto ad intervenire. Il che, di fatto avvenne nel giro di
pochi istanti: "Quando vi sarete messi d'accordo sui vostri cunicoli venite
da me. Vi aspetto da …". Ed uscì, serio, senza aggiungere altro. Forse mi
sarei presto dimenticato dell'accaduto se, dopo pochi mesi, non si fosse
verificato quanto borbottato da Fiore all'uscita di Leone dall'ufficio:
"Ragazzi, facciamo attenzione che circola la voce di un suo prossimo
arrivo qui alla Cassa …". Di fatto il suo arrivo avvenne nel 1962 come
Capo del Servizio Bonifiche, ma l'impressione avuta in questo casuale primo
incontro fu quella di un uomo piuttosto schivo e di poche parole; impressione poi
consolidatasi nei frequenti incontri di lavoro succedutisi negli anni successivi,
anche dopo la sua nomina a Vice Direttore Generale.
Un altro incontro che
ricordo con particolare dovizia di particolari avvenne nel 1965. Al compito già
assegnatomi della istruttoria agronomica dei progetti di irrigazione consortile,
si erano nel tempo aggiunte alcune saltuarie collaborazioni con Benigno Fagotti
responsabile del Programma di Sperimentazione Irrigua avviato, sin dai primi
anni di attività della Cassa, in una rete di Campi Sperimentali appositamente
attrezzati, nonché le lezioni ai corsi di aggiornamento sulla tecnica della
irrigazione tenute ai giovani della Assistenza Tecnica il cui Ufficio era
diretto da Giuliano Cesarini. Fagotti proveniva dall'Opera Nazionale
Combattenti e la sua esperienza era quella aziendale dei colonizzatori
dell'Agro Pontino, cosicché i Campi Cassa erano di fatto partiti con una
impostazione ed una finalità miste tra lo sperimentale ed il dimostrativo.
Ebbene; mi telefona una
mattina Leone in persona, convocandomi per il pomeriggio per parlarmi dei
soliti problemi vari d'ufficio, ma in particolare per avere alcuni chiarimenti
sulle voci contrastanti giunte da più parti al suo orecchio riguardo la
coerenza tra 1-il contenuto delle lezioni che tenevo ai giovani della
Assistenza Tecnica di Cesarini e al corso di Agrometeorologia attivato dalla
Facoltà di Agraria della Università di Portici, ambiente quest'ultimo ben
conosciuto da Leone, 2- la impostazione delle prove condotte nei Campi Sperimentali
di Fagotti e 3- i criteri seguiti nella istruttoria agronomica dei progetti di
irrigazione (va ricordato che l'operato della Cassa in materia irrigua, si
allargava ben oltre le reti di distribuzione irrigua di competenza pubblica,
finanziando "a monte" un programma di dighe e traverse di
derivazione fluviale, nonché, "a valle", l'impiantistica aziendale
come opera di miglioramento fondiario).
Avevo poche ore a
disposizione per prepararmi ad illustrare in pochi minuti l'approccio
concettuale seguito nelle mie lezioni, nella istruttoria dei progetti ed in
quale modo e misura il tutto concordasse o meno con i risultati della
sperimentazione condotta nei Campi Sperimentali di Fagotti. Bella impresa, se
si pensa che l'interlocutore al quale mi rivolgevo, pur navigato esperto di
bonifica e trasformazioni irrigue, non era certo addentro agli aspetti più
sottilmente scientifici dei rapporti che legano la disponibilità di acqua all'accrescimento
dei vegetali ed alla loro produzione, oggetto principale della ricerca irrigua
e base essenziale per fondate scelte di ordine economico.
Cominciai così a
chiarire, diciamo propedeuticamente, gli aspetti positivi e i limiti dei tre
classici approcci pedologico, fisiologico e meteorologico adottati
in campo internazionale nella ricerca del rapporto esistente tra dotazione
irrigua e produzione vegetale e del perché in Italia (in particolare, dalla
Cassa, ma anche dagli Istituti universitari, del Ministero dell'Agricoltura e
del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nonché da alcuni più solerti Enti e
Consorzi irrigui) si fosse preferito un approccio agronomico che, con la
sua empirica semplificazione, potesse fornire in tempi più ristretti possibile
i dati essenziali alla definizione dei costituendi comprensori irrigui e delle
più convenienti modalità di gestione delle acque che si andavano rapidamente
rendendo disponibili non solo nel Mezzogiorno. L'approccio agronomico adottato
(che oggi forse, con il senno del poi, sarebbe più prudente definire più
semplicemente agricolo) consisteva sostanzialmente nell'accertare la
resa produttiva delle colture al variare del volume stagionale di irrigazione,
mantenendo fisse (ma con eccezioni ove necessario, come turni, adacquamenti,
concimazioni, ecc.) tutte le altre variabili indipendenti in un insieme
caratteristico delle buone norme colturali delle aziende di consolidata
tradizione irrigua e di elevata produttività colturale come le agrumicole
siciliane, le viticole pugliesi, le orticole campane, le foraggicole padane,
ecc. Un approccio dunque, quello agronomico, che, se da un lato poteva
considerarsi temporaneamente sufficiente a definire sollecitamente il regime
irriguo da adottare in sede progettuale, non poteva però valere come base
scientifica per una ricerca di più ampio respiro e per la impostazione delle
lezioni che tenevo ai corsi di aggiornamento dei giovani laureati della
Assistenza Tecnica e al corso universitario di Agrometeorologia.
Leone, personalità istintivamente
portata, come già detto, verso il rapido concretizzare, aveva cominciato a dare
larvatamente segno di impazienza alzando la mano destra aperta come in segno di
difesa: "Va bene, va bene … ma allora?". Colsi così al volo
l'occasione per proporre l'idea, da tempo coltivata, della costituzione di una
rete di Centri di Rilevamento Agrometeorologico (1) come supporto didattico dei
corsi di aggiornamento, da attivarsi nell'ambito dei più vasti comprensori
irrigui, eventualmente anche nel perimetro degli stessi Campi Sperimentali presenti
in territori oramai resi irrigui dall'avanzato intervento della Cassa. In tali
Centri si sarebbe dovuto adottare lo stesso approccio agronomico dei Campi, ma con
una maggiore attenzione agli aspetti agrometeorologici che si andavano sempre
più affermando in campo internazionale come applicazione irrigua delle nuove
conoscenze in fatto di meccanica evapotraspirativa. In pratica, si sarebbe
dovuto procedere alla redazione continua dei bilanci idrico ed energetico di un
ristretto numero di colture in parcelle di dimensioni tali da controllare il
più possibile gli effetti sperimentalmente negativi degli instabili trasporti
termici di origine macro e micro-avvettiva. Aspetto questo che influiva
negativamente sulla significatività delle prove, specie quando queste erano
condotte in territori anche solo stagionalmente aridi non ancora estesamente irrigati
e negli affollati piccoli parcellamenti randomizzati richiesti dal dilagare, in
quei giorni, della metodologia statistica nella sperimentazione irrigua.
A Leone, alquanto
preoccupato della complessità del quadro, prospettai anche la opportunità di
coinvolgere nella attività dei Campi e dei Centri un Gruppo di Consulenza da
costituirsi con i Direttori degli Istituti Universitari di Agronomia e di
Ingegneria (2) impegnati in materia di irrigazione, tra i quali, alcuni più
amici che colleghi d'Università che non sono più tra noi: Ballatore, Barbieri,
Celestre, Romano, il cui caro ricordo mi accompagna nel tempo che passa.
Il risultato fu il via
immediato alla costituzione del Gruppo di Consulenti e della rete dei Centri alla
direzione dei quali mi venne aggiunta, sul finire degli anni 70, la direzione
dei Campi di Fagotti con un programma di completamento a chiusura delle prove
sino allora condotte dall'anziano collega oramai pensionato; prove nel
frattempo tematicamente estese a numerose altre variabili anche di interesse
non direttamente idrologico (specie e varietà, densità di investimento,
concimazione, ecc.), ma di particolare valore colturale per le centinaia di
migliaia di ettari oramai resi irrigui dall'intervento della Cassa. Sui
risultati delle ricerche venne riferito con numerose pubblicazioni apparse
sulle riviste specializzate e negli atti dei molti congressi sulla irrigazione
e sulla relativa sperimentazione ed alla stesura di alcune delle quali lo
stesso Leone aveva contribuito come coautore (3).
Questo è quanto mi son
sentito di rammentare nel grato ricordo di una Persona, Giulio Leone, che ha
così proficuamente segnato tante vicende della mia oramai lontana avventura
professionale.
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(1) Nome che poi - non
ricordo bene perché - cambiai in Centri di Rilevamento Pedoirriguo, ma
forse per un freudiano ricordo del mio giovanile periodo di apprendistato
presso la Stazione Sperimentale di Chimica Agraria di Roma; istituto allora
particolarmente impegnato in studi riguardanti i rapporti tra il terreno e le
colture.
(2) Componenti del
Gruppo di Consulenza: G. P. Ballatore di Palermo, R. Barbieri di Napoli, P.
Celestre di Pisa, L. Cavazza di Bari, E. Romano di Roma, G. Tournon di Torino
e, per un periodo iniziale, A. Crocioni di Torino e A. Milella di Sassari.
(3)
Due esempi del personale coinvolgimento di Giulio Leone nella stesura e nella
presentazione di risultati delle indagini condotte nell'attività di ricerca
della Cassa per il Mezzogiorno:
-
G. Leone, F. Ravelli, A. Sbraccia: Protection of the environment in the
development of irrigation, drainage and flood. Defences schemes. Water and its
conservation in agricultural areas. International Commission on Irrigation
and Drainage (ICID), Special Session, Moscow, 1975.
-
F. Ravelli, T. Napoli, F. Floris: Relazione della Commissione incaricata
della revisione dei parametri irrigui previsti per il Comprensorio in Sinistra
Ofanto (Foggia) (28 giugno 1966). Prefazione di G. Leone; Quaderno n. 45,
Cassa per il Mezzogiorno, 1968. La relazione conteneva la prima utilizzazione
delle ricerche condotte dai Centri di Rilevamento Pedoirriguo da poco attivati.